sabato 11 agosto 2012

Otto minuti.

Quando è stata l’ultima volta che ho guidato a Roma?

Credo circa sei mesi fa, sei mesi che non salgo in macchina e mi inabisso nel traffico di questa città.


Ok, alla fine giro per seguire la strada che mi porta a casa, sono ancora lontana, ma se non altro mi lascio alle spalle tutto il traffico che mi ha fatto compagnia fino ad ora.

Entra l’aria leggera dai finestrini abbassati, osservo la luce del tramonto che si poggia sui muri antichi di via Appia.
Guardo il display della macchina che segna 27 gradi e penso che è bella la mia città.


Osservo i palazzi antichi di questa via che percorro guidando con tranquillità e mi rendo conto che non può essere altro che Roma, con questa atmosfera carica di eternità e che la rende speciale.




Tutto questo dura meno di otto minuti perché giro l’ennesimo angolo  e sono di nuovo immersa nel caos impossibile di un traffico sempre presente in questa città.


Tutto torna ad essere molto frustrante,
non noto più i palazzi antichi e il colore ambrato del tramonto che si rispecchia su di essi.


Noto solo la fila di macchine interminabile davanti e accanto a me.
Si affianca una macchina col lo stereo a tutto volume.


Poco più avanti devo lottare con un deficiente che non vuole farmi passare e non ce la faccio a fare la guerra dei poveri oggi,
non ce la faccio a combattere per accaparrarmi un posto davanti a lui,
un trenta centimetri in più che costano fatica di concentrazione, per vincere senza rovinare la carrozzeria.



Lo lascio passare,
vai,
oggi hai vinto la tua stupida guerra.

Hai perso quella per i diritti sul lavoro,
per i diritti sociali,
hai perso quella per una sanità decente e per delle pensioni eque.


Avessi messo tanto impegno per preservarti questi diritti come ne metti per guadagnarti trenta centimetri nel traffico.


Ma si passami pure deficiente, tanto in questa città l’importante è vincere la guerra dei poveri,
penso alla mia bici che mi aspetta parcheggiata sotto casa ad Amsterdam.


Penso al mio progetto, ora concreto, di lasciare per sempre il mio paese.



No Roma, davvero non mi mancherai con un amore durato otto minuti.